“Il turismo crea lavoro”, “Il turismo valorizza i beni culturali e il patrimonio immobiliare”… ma quali sono i suoi effetti sociali? Una “turistificazione” che si espande incontrollata fa bene alla città? E’ accettabile che pochi si arricchiscano mentre quasi tutti continuano a lavorare precari e al nero? Affittare una casa ai turisti su Airbnb può rendere oggi il triplo di quanto rende affittarla a un abitante. Il tutto quasi sempre in regime di totale elusione fiscale. In molti sono già sotto sfratto o non vedranno rinnovato il proprio contratto di affitto. Tra il 2016 e il 2018 il numero di alloggi su Airbnb a Napoli è aumentato più che in tutte le altre città italiane, con un tasso di crescita medio del 65%. Nel 2017 su Airbnb si contavano una media di 4500 alloggi, nel 2018 si sfiora quota 7000, concentrati quasi interamente all’interno del centro storico. Un’area che resta popolare ma anche fragilissima dal punto di vista sociale: sono questi quartieri in cui l’indagine dell’ISTAT del 2017 ha segnalato un alto tasso di disagio economico delle famiglie. Un disagio che il rincaro del costo della vita e dei prezzi delle abitazioni non potrà che acuire.
Oltre al costo degli affitti ad esser compromessa è la stessa vivibilità e diversità del territorio: quante salumerie, mercerie, ferramenta sono stati rimpiazzati da ristoranti, catene commerciali e negozi dedicati ad uso e consumo dei turisti? Quanto è cresciuto il costo della vita? Quanti artigiani e piccoli commercianti riusciranno a pagare l’affitto dei loro negozi se sempre più investitori sceglieranno di speculare sul brand “Napoli” alimentando la crescita dei prezzi e la rendita immobiliare?
Le esperienze di città come Venezia, Londra, Berlino, Parigi, Barcellona ci insegnano che il boom turistico non crea ricchezza per tutti: a lungo andare gli speculatori si arricchiscono e gli abitanti sono sfrattati per fare posto a nuovi turisti. Napoli è una delle poche grandi città in Europa che conserva ancora nei quartieri storici la sua eterogeneità sociale e culturale, ma in prospettiva rischia di subire la stessa trasformazione di Venezia e Firenze: un centro storico senza abitanti, un grande luna park esotico per turisti.
Senza un intervento che argini questo processo incontrollato in breve tempo la casa sarà trasformata da bene primario in bene di consumo. Napoli si trasformerà in Napolilandia: una città vetrina, un immenso centro commerciale a cielo aperto,
Altre città prima di noi hanno vissuto il boom turistico e hanno visto crollare l’iniziale illusione di un reale sviluppo locale. Per questo motivo realtà di base, abitanti e movimenti sociali hanno dato vita alla rete SET: Città del Sud d’Europa di Fronte alla Turistificazione. Dopo città come Barcellona, Palma de Maiorca, Lisbona, Venezia, Firenze, Valencia, Siviglia, Pamplona, Malaga, Madrid, anche Napoli ha deciso di aderire alla rete SET.
Il nostro scopo non è promuovere una crociata ideologica contro “il turismo” che è un fenomeno sempre più connesso alla modernità tecnologica, alla velocizzazione e all’economicità dei trasporti. Vogliamo però far crescere la consapevolezza sul processo concreto che stiamo vivendo e confrontarci sulle strategie sociali, sulle pratiche e sulle rivendicazioni politiche per garantire il diritto all’abitare, la qualità del lavoro, la biodiversità economica e culturale. Il turismo di massa è un’industria e come tutte le industrie ha un consumo ambientale e un impatto sociale di cui è necessario essere consapevoli, anche per capire in che modo recuperare invece risorse e diritti alla sfera pubblica.
Mobilitiamoci perché il centro storico non diventi ancor più il terreno di caccia della speculazione e la città resti luogo di incontro e convivenza in cui creare relazioni che migliorino la vita di coloro che la abitano e di coloro che la visitano. Uniamo le forze, perché c’è bisogno dell’intelligenza, dell’entusiasmo e della tenacia di tutte e tutti.
SET Napoli